Il mondo della comunicazione sta probabilmente subendo una trasformazione profonda.
Le regole linguistiche ma anche la sfumatura delle frasi e dei discorsi, la loro intonazione, perdono terreno ogni giorno.
Quelle che nella grammatica italiana venivano definite FIGURE RETORICHE sembra non abbiano più spazio nel panorama della comunicazione, anzi probabilmente sono ormai delle illustri sconosciute: parlarne è del tutto fuori luogo, così come non vengono più colte certe sfumature, certe mimiche facciali, certe modulazioni delle frasi che potrebbero fare la differenza nell'interpretazione del loro stesso significato.
C'è, se è permesso dirlo, un imbarbarimento, un'analfabetismo di ritorno, una semplificazione bruta nella comprensione di un discorso, di una frase pronunciati. L'unico punto di riferimento, in un pensiero espresso, rimane la parola nel suo significato piu' rozzo ed elementare.
Un esempio potrebbe essere dato da certi " traduttori" on line che, traducendo il significato di ogni parola, travisano poi completamente il significato globale della frase
La domanda che ci si pone è molto semplice: questo modo di interpretare e comunicare dei media è da ascriversi a un impoverimento oggettivo della cultura dei comunicatori, a un loro adeguamento al " linguaggio macchina", essenziale, dei computer o è un'operazione prettamente ideologica per piegare a proprio vantaggio ciò che l'interlocutore va dicendo?
La comunicazione, nel Ventunesimo Secolo, sta diventando sempre più ambigua e manipolabile e il sospetto è che lo sia diventata perché l'analfabetismo letterario delle nuove leve di comunicatori è stato pianificato per facilitare operazioni ideologiche atte ad orientare media e opinione pubblica.
Naturalmente rimane un mero sospetto, ma non si può fare a meno di notare come sia sempre più difficile interpretare un discorso ora che le regole più semplici della gestualità, della grammatica e della sintassi sono ignorate o sovvertite. Non è difficile che questo relativismo linguistico renda piu' facile la manipolazione...
Prendiamo l'affermazione di questi giorni, di Papa Francesco sul volo verso Manila: "
..ma se il mio amico Gasbarri (l’organizzatore dei viaggi del papa, n.d.r) dice una parolaccia sulla mia mamma... ma si aspetti un pugno! E’ normale!. Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri ". Poi ha avvisato: “Non si giocattolizza la religione degli altri”....
Fiumi di parole si stanno riversando su questa frase, aprendo alle più varie e cervellotiche interpretazioni mentre, contestualizzata e tenuto conto dell'intonazione e della mimica facciale e della gestualità del Papa, tutto il discorso sarebbe interpretabilissimo. Si tratta di un' iperbole ( figura retorica) condita con della sana ironia e con un messaggio di fondo molto serio: "non ci si può prendere gioco della fede degli altri. C'è una responsabilità in ogni azione compiuta".
È forse questo accenno forte alla responsabilità di ognuno che scaturisce dal comportamento, che ha fatto "impazzire" il mondo della comunicazione. Una parola forte, diretta, che, non isolata dal contesto, chiama in causa personalmente. Una parola intorno alla quale si è intessuto un assurdo balletto interpretativo estrapolandola da quella serie di parametri ricordati prima.
Isolando la parola "responsabilità " se ne sono cercati i sinonimi e i significati come una macchina può fare con un dizionario caricato nella sua memoria. Successivamente si sono costruite le teorie più variopinte per offrirle, secondo l'indirizzo dei media, alla propria platea di lettori.
Senza più le elementari regole grammaticali e sintattiche è facile strumentalizzare.
Ecco perché le regole, la cultura, la sensibilità, fanno paura in un comunicatore. È preferibile l'anarchia lingustica. Più comodo manipolare.