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Neve artificiale |
Pascoli in quota |
Circo bianco |
L'Europa e' nata anche sulle montagne, nei luoghi impervi delle catene montuose del continente dalle Alpi ai Carpazi, dai Pennini inglesi fino agli Urali: una caratteristica unica che dovrebbe indurci a pensare prima che sia troppo tardi per le nostre tradizioni millenarie e la nostra civiltà..
Mentre, nei lunghi secoli del primo medioevo, la minaccia arrivava da mare e da terra con le invasioni e le migrazioni, gruppi sempre piu' numerosi di persone hanno cercato la salvezza lungo i tracciati montani del morente Impero Romano e i sentieri in alta quota, trovando riparo tra valli ospitali difese da alti monti, portando con loro l'unica ricchezza che possedevano: gli animali domestici e soprattutto bovini e ovini.
Cosi' e' nato un luogo a noi famigliare, dato per acquisito da sempre, su cui mai ci siamo sognati di fermarci e pensare: il pascolo alpino.
Soffermandoci a riflettere, invece, ci accorgiamo pero' che nulla e' meno naturale di un pascolo alpino, a cui l'usanza di quasi due millenni ci ha ormai abituato.
Quale animale domestico, infatti, si sarebbe inerpicato su inesplorati e faticosi tratturi di sua iniziativa, tra foreste di conifere, lottando con gli animali selvatici e il fitto sottobobsco per trovare nutrimento? Nessuno. E' stato l'ingegno umano, spinto dal pericolo, a ideare il pascolo d'alta quota, a incanalare le sorgenti nei fontanili, a costruire malghe e recinti, a segnare sentieri relativamente sicuri con cippi e cappelle tra un agglomerato di case e un villaggio, a erigere rifugi e monasteri su passi sperduti, quasi sentinelle di un passaggio sicuro, a istituire quel sussurrato ma valido galateo - garanzia di una patria comune su quei sentieri - sintetizzato dall'ormai dimenticato saluto internazionale nelle sue diverse declinazioni: "Grűss Gott".
Il pascolo montano ha popolato le montagne più impervie e ha costituito per lunghissimi secoli sia un formidabile strumento di civilta' sia l'economia del mondo alpestre, permettendo lo svolgersi della vita in luoghi che, altrimenti, sarebbero rimasti inospitali e selvaggi, come purtroppo oggi stanno trasformandosi tante zone, per l'abbandono della civilta' alpestre e l'incalzare del pacchetto turistico del" tutto compreso".
Un'economia, quella montana, all'insegna dell'ecologia che non violentava le montagne, salvaguardandole, con opere di agricoltura e di pascolo, da smottamenti e frane e altri disastri naturali. Che rispettava fiumi e torrenti, manutenendone i letti, non deviandone il tracciato, in modo da impedire piene rovinose e alluvioni. Che rispettava l'inverno in tutte le sue forme di neve e ghiaccio, perche' - come diceva l'antico adagio: " sotto la neve, pane". E, rispettando l'inverno, difendeva il corretto svolgimento del clima e delle stagioni.
Pensiamo per un momento ad altre montagne in altri continenti, dove nessuno ha instaurato il pascolo alpino. Pensiamo alle Montagne Rocciose, ai Monti Appalachi o alle Ande, alle Ambe africane: distese di foreste incontaminate o di rocce o di alte praterie che per migliaia di chilometri non offrono altro che silenzio disabitato. Non ci sono pascoli, non ci sono rifugi, non c'e' quella solida rete di villaggi che fino a settant'anni fa costituiva un saldo tessuto montano di civilta' diffusa.
Purtroppo anche in Europa, con l'industrializzazione dell'economia della montagna - reiventata perche' piu' remunerativa - si sono diradati i pascoli, svuotate le malghe, abbandonati all'incuria i letti dei fiumi e i villaggi, ormai ridotti a segni folkloristici, deviata e sequestrata l'acqua per dighe e " cannoni" da neve, occupati i territori da strutture turistiche di ogni genere.
E' arrivata la stagione del " circo bianco" e del " trekking", dove tutto e' in funzione uno sfruttamento artificiale e intensivo del territorio secondo le regole del mercato.
Il risultato e' sotto i nostri occhi: l'assalto settimanale al territorio, pendici disboscate, cementificazione di fiumi e torrenti, aumento del dissesto idrogeologico, perdita della bellezza incontaminata di un tempo ora che la montagna e' costellata da ogni genere di cartacce, lattine e spazzatura tra i boschi - spesso ridotti a discariche - e le nevi dell'alta quota. I villaggi sono diventate caricature folkloristiche della vita di un tempo, ma dietro di loro c'e' una nuova economia che non ha piu' nulla di ecologico: l'inverno e' forzatamente imbiancato dai cannoni perche' spesso il ciclo biochimico della montagna e' alterato e manca la neve per lo sci, l'estate pullula di turisti che cercano invano la genuinita' fittizia di una vita che non c'e' piu'.
E l'assalto che si ripete settimana dopo settimana, nei week end, mentre il degrado avanza dietro la vernice di una modernita' abbandonata quando non " rende" piu' che costruisce una montagna nemica, selvatica e irta di pericoli.
Sembra quasi una parabola: quella dell'Europa che ha barattato un'intera civilta' per la logica del "mercato ad ogni costo".
Fermiamoci a rifletter, finche' siamo ancora in tempo, non e' mai troppo tardi per gestire con intelligenza un patrimonio di umanita' soffocato dall'impersonale mercato senz'anima e senza volto.
Fermiamoci a rifletter, finche' siamo ancora in tempo, non e' mai troppo tardi per gestire con intelligenza un patrimonio di umanita' soffocato dall'impersonale mercato senz'anima e senza volto.
Andes punta arena |