« Gli abusi del potere generano le rivoluzioni; le rivoluzioni sono peggio di qualsiasi abuso. La prima frase va detta ai sovrani, la seconda ai popoli. »
Klemens von Metternich era un uomo del XIX secolo e in questo particolare si possono ritrovare alcuni dei suoi limiti, ma non bisogna dimenticare i grandi meriti politici che lo fanno a tutti gli effetti un padre dell'Europa che si spera, un giorno, verrà. Un 'Europa pacifica e laboriosa, equilibrata, dove i preminenti obbiettivi sono il benessere dei popoli e non gli interessi dell'apparato finanziario e bellico-industriale, interessi che già nel 1914 fecero scattare la Prima Guerra Mondiale.
Uno dei capisaldi della politica di Metternich fu la definizione di un moderno "principio di legittimità", diverso da quello dell'Ancien Regime [1] per raggiungere la pace in Europa.
Infatti, dopo le guerre napoleoniche che avevano sconvolto il continente in nome dei "lumi", ci si volse alla ricerca di una pace duratura: e, secondo Metternich, essa doveva essere basata su un nuovo principio di legittimità visto come il risultato del consenso dei governi europei nello stabilire gli scopi e i metodi per realizzare l'idea centrale della politica : l'ordine internazionale, cioè una pace duratura.
Con questo principio si voleva creare nella nuova Europa un equilibrio di forze che scoraggiasse eventuali ambizioni di dominio di uno stato sugli altri in tutto il continente e ristabilire , se fosse stato il caso, l'assetto legittimo, scaturito dal Congresso di Vienna, dove Est e Ovest - finita la tempesta dei "lumi" - convivessero pacificamente.
Un assetto legittimo che, oggi, dopo la caduta del muro di Berlino, sembrava essersi delineato di nuovo definitivamente in Europa. E che invece, ieri e oggi negli atti e proclami di certi stati, si trova di nuovo in bilico pericolosamente.
L'altro caposaldo della politica di Metternich fu la visione scaturita dall'assetto dell'Impero asburgico ( paragonabile in parte all'Europa di oggi, per l'estensione dei suoi territori e dei suoi alleati) basato sulla sua idea confederativa che egli aveva appunto mutuato dalla monarchia asburgica, fatta di tanti stati dotati di un alto livello di autonomia[2]
E' forse questa idea "federativa" di Europa - che potremmo definire "delle Patrie"(ripresa poi da De Gaulle nel XX secolo) - che fa della visione di Metternich l'aspetto più creativo e interessante. Non, come oggi si vorrebbe, un' Europa di regioni senza sovranità, omologate nella cultura, nelle leggi, nei costumi, governata da poteri indefiniti in apparenza (perché, in effetti, poi chi tira i fili c'è ) come si va delineando oggi e private di ogni caratteristica nazionale, ma nazioni federate unite nella diversità, riconoscibili nel potere dei loro popoli sovrani.
Metternich era un uomo di pace. A lui erano estranei gli interessi bellici dei grandi industriali dell'acciaio, che,invece stavano a cuore a quella Prussia - poi Impero Germanico teso a contrapporsi all'Impero Asburgico - e che sconvolgeranno più tardi gli equilibri europei per il resto del XIX secolo fino alla Grande Guerra.
Oggi purtroppo, nella melassa di Bruxelles e Strasburgo, si vanno lentamente delineando le stesse direttrici che prevalsero nella seconda metà dell'Ottocento fino all'epilogo del '14/18.
Impariamo dalla lezione di Metternich, rispettoso dell'unità nella diversità, e soprattutto preoccupato di istituire un " sistema di pace" in Europa. Sistema che oggi, più volte, dalla caduta del muro di Berlino, con ciclica insistenza, qualcuno tenta di insidiare evocando scenari di guerra necessari per fare la pace.
Come sarebbe stata l'Europa di Metternich, del Congresso di Vienna, senza le trappole dei nazionalismi e delle "guerre per fare la pace?"
A cui seguirono gli orrori del secolo breve.
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[1] che non poteva voler dire restaurare i sovrani legittimi su i loro troni per diritto di successione e per "grazia di Dio", come sosteneva Talleyrand riferendosi appunto al vecchio principio
[2] Zeffiro Ciuffoletti, Federalismo e regionalismo, Roma-Bari: Laterza, 1994, p. 19
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