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martedì 16 luglio 2013

“El sueño de la razon produce monstruos”


   


Disquisizione sul "Capricho" n. 43 di Francisco Goya

Nella lingua spagnola la parola “sueño” significa sia “sogno”  che  “sonno”.


Ma nella lingua di Calderon de la Barca dove   “la vida es un sueño”, il significato di “sogno” prevale su quello di “sonno”:  il “sonno” vero e proprio, infatti è espresso più adeguatamente da un verbo:  “dormirse”, “il dormire”.


In italiano, però,  “sonno” è  l’unica  traduzione  a cui si ricorre sempre per  questa frase.
Basta andare nel web per vedere come NON una volta  si prenda in considerazione il significato alternativo  a "sonno" cioe' "sogno" , molto piu' calzante nell'intera opera di Goya (inserire la frase, tema del post, in un qualsiasi motore di ricerca per redersene conto). Il "sogno" della ragione, infatti, puo' portare a risultati spesso non brillanti...
Perché questa voluta ambiguità, questo difetto interpretativo troppo rapidamente ammannito come unico e vero - quando si tratta più di  un luogo comune che della realtà - ai palati più grossolani?

E' una questione di politically  correct. 
Non  e' possibile che Goya abbia idee cosi' oscurantiste...

Il “politicamente corretto” , infatti non ammette che un grande pittore come Goya, gigante della pittura spagnola tra il XVIII e il XIX sec. – un artista che ha cavalcato in pittura Barocchetto, Neoclassicismo, Romanticismo fino addirittura a precorrere Impressionismo ed Espressionismo nella sua parabola artistica – possa aver proclamato:




             IL SOGNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI.



Ma chi meglio di lui, vissuto alla fine di quel XVIII secolo che ha visto all’opera quel meraviglioso strumento “razionale” che fu la ghigliottina, poteva affermare  una frase più calzante?

Testimone degli orrori perpetrati dalla Rivoluzione Francese e dal “Terrore”, periodo obbligatoriamente consequenziale alla stagione della “Ragione Illuminata” (non dimentichiamo mai che il cervello umano che produce la “razionalità” può sempre impazzire…), Francisco Goya non poteva chiudere altrimenti  la sua esperienza pittorica. La quale, nei suoi epigoni, raggiunge vette profetiche di Espressionismo ante litteram: l’Espressionismo pittorico, infatti, che si affermerà in Germania e nei paesi nordici  tra il 1910 e il 1932,  prelude e prevede l’avvento dell’ideologia nazista, del  “Secolo breve”, dei campi di sterminio, dei Gulag e dei suoi orrori.



Ideologia e orrori che sono figlie primogenite di quell’Illuminismo che tanto contava sulla sola ragione umana e aveva fatto tabula rasa di tutto ciò che essa non poteva spiegare “razionalmente”.

Come la Fede cristiana, ad esempio.

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